Materiale di lavoro
I post inseriti all'interno di questo blog sono risorse per un lavoro di studio in classe organizzato in gruppi di alunni, per approfondire la conoscenza dell'arte di Paolo Uccello.
domenica 8 marzo 2015
link su Paolo Uccello
LINK SU PAOLO UCCELLO
Tutta l’opera
studio sul mazzocchio
approfondito esame della leggenda dell’ostia profanata con
la descrizione della condizione degli ebrei nel Montefeltro
Paolo Uccello: vita e opere
Paolo Uccello
Vita e opere
Secondo le scarse notizie circa la sua
formazione fu allievo a Firenze di Starnina, che lo educò al gusto del gotico
internazionale, e garzone (1407) di Ghiberti per la ripulitura della seconda porta
del Battistero. Dal 1425 al 1430 soggiornò a Venezia(mosaico con S. Pietro per la facciata di S. Marco, perduto), fu poi a
Bologna (1431,Adorazione
del Bambino, San Martino) e, dal 1432,
nuovamente a Firenze, dove, attivo prevalentemente nel duomo, lavorò al
monumento equestre di Giovanni
Acuto, affrescato nella navata sinistra (1436),
ai clipei con i Quattro
profeti nell'orologio della parete d'ingresso (1441-43)
e ai cartoni (1443) per le vetrate della cupola (Annunciazione, perduta; Ascensione,
non eseguita; Resurrezione e Natività, in loco) che rielaborano in una personale
espressione la nuova prospettiva descrittiva e il vigoroso plasticismo di
Masaccio. Nel 1445 le fonti lo ricordano a Padova, dove dipinse in chiaroscuro alcune figure di Giganti (perdute) in casa Vitaliani e ancora, dal 1447,
a Firenze. Fra le opere documentate superstiti, oltre agli affreschi con le Storie degli Eremiti nel chiostro di S.
Miniato al Monte, sono i deteriorati affreschi (distaccati)
nel Chiostro Verde di S. Maria Novella a Firenze, e i tre episodi della Battaglia di San Romano (tavole divise tra Firenze, Uffizi; Parigi, Louvre; Londra, National Gallery) nei quali i toni luminosi dei
rossi e dei verdi sono accostati a campiture profonde di neri e di grigi come
in zone a intarsio definite da incisive linee volumetriche. La visione
prospettica che l'artista presenta in queste opere non è unitaria (poiché non
compose in unità le varie parti della scena) ma frammentaria, episodica, perché
ogni figura e ogni elemento hanno il loro speciale problema prospettico, non
subordinato all'insieme, che il pittore risolve caso per caso, quasi
compiaciuto di questo. Dal 1465 al 1469 eseguì a Urbino una
tavola di cui resta, nella Galleria nazionale delle Marche, la predella
raffigurante il Miracolo
dell'ostia. Tra le opere concordemente
attribuitegli: la Caccia
notturna (Oxford, Ashmolean Museum) e il S.
Giorgio e
il drago (Parigi, Musée Jacquemart-André; Londra, National
Gallery), caratterizzati da una trasfigurazione irreale e fiabesca del dato
naturale, e i ritratti (Dama, New York, Metropolitan Museum) modulati da linee sottili e
incisive. Né va dimenticata l'importanza che l'opera artistica di P. U. ha
anche dal punto di vista strettamente geometrico, per l'impulso da essa dato
allo sviluppo della prospettiva come metodo di rappresentazione. P. U. non ebbe
seguaci diretti, ma la sintesi prospettica della forma e del colore, a cui
talora egli giunse, preparò l'arte altissima di Piero della Francesca. La sua
figura ispirò a G. Pascoli un poemetto (1903), poi raccolto nei Poemi italici (1911).
Fu pittrice anche sua figlia Antonia (1456-1491), suora carmelitana, ma nessuna opera ci è pervenuta.
Altre opere della cerchia di P. U. sono raggruppate sotto il cosiddetto maestro
di Karlsruhe o
di Quarata (Adorazione
del Bambino a Karlsruhe, Adorazione dei Magi, già a S. Bartolomeo a Quarata, Firenze).
Il mazzocchio
MAZZOCCHIO
Il mazzocchio (bourrelet in francese
medio), anche "cappuccio a
foggia", era una copricapo maschile in uso in Europa occidentale durante il Rinascimento, costituito da un cerchio di borra ricoperto di panno da cui partivano il becchetto e la foggia vera
e propria.
Il mazzocchio è un
copricapo composto da un anello poco più grande della circonferenza della
testa. Il cerchio, formato di borra e rivestimento di panno, nasce come uno
degli elementi che compongono il cappuccio medioevale. Il termine potrebbe
derivare dal latino maxuca e dal suo diminutivo maxuculus, ossia "una
quantità di cose strette insieme a un mazzo". Esso viene realizzato in
molteplici varianti, tanto che non risulta risalire a un unico modello
originale. Il Quattrocento è la grande epoca del mazzocchio; se ne diffonde
l'uso in tutta l'Europa, ma la storia del costume lega questo accessorio
all'alta borghesia rinascimentale fiorentina. E' molto presente nella
tradizione pittorica e Paolo Uccello lo dipinge frequentemente indosso ai suoi
personaggi, poiché la sua superficie geometrica sfaccettata risulta di
difficile raffigurazione prospettica ed è quindi sinonimo di grande padronanza
dell'uso della prospettiva. A questo proposito Piero della Francesca spiega le
regole della sua rappresentazione nel trattato De Prospectiva Pingendi. Una
forma archetipo come questa è un simbolo di essenzialità e complessità insieme,
una forma senza tempo che nasconde altri significati. Infatti, "aggiustare
il mazzocchio a qualcuno" vuol dire "fargli passare i capricci".
Altre notizie sul
mazzocchio in questo sito: http://www.leonardo3.net/mazzocchio/index.html
Il miracolo dell'ostia profanata
IL MIRACOLO
DELL’OSTIA PROFANATA
Sull'opera: Il "Miracolo dell'ostia profanata" è un
ciclo di sei dipinti autografi di Paolo Uccello realizzati con tecnica a
tempera su tavola intorno al 1465-69, misurano tutti 33 x 58,5 per un assieme
di cm. 43 x 351. Il complesso pittorico, insieme alla Pala di Giusto di Gand
(Gand, 1430 circa – 1480 circa), è custodito nella Galleria Nazionale delle
Marche ad Urbino.
I presenti riquadri in origine fungevano da predella alla
"Pala del Corpus Domini" (cm. 331 x 335, anno 1472-74) di Giusto di
Gand, già nella chiesa urbinate del Corpus Domini. Il complesso pittorico fu
commissionato dalla confraternita del Corpus Domini.
La chiesa venne demolita e
la pala di Giusto fu trasferita al Collegio degli scolopi ove vi rimase,
abbandonata nelle soffitte, fino al 1861, quando venne ritrovata in pessime
condizioni, scrostata in molte zone, bucherellata da grossi chiodi e scolorita
in più punti, da far presupporre un impiego più svariato della tavola per i
lavori murari e d'impalcatura. Quello stesso anno fu sottoposta a ripulitura e
quindi trasferita alla Galleria Nazionale delle Marche ad Urbino.
Nel 1954 un nuovo
restauro, eseguito dal Tintori, ha eliminato le vaste ed improprie ridipinture
cinquecentesche, facendo riaffiorare la pregiata narrazione pittorica, specialmente
nel fondo – a destra – ove è raffigurato l'ultimo episodio.
La predella, di Paolo
Uccello, invece è composta da un ciclo di sei episodi:
1.
Primo episodio: una donna cerca di vendere l'ostia consacrata a un
mercante ebreo per riscattare un mantello.
2.
Secondo episodio: qui si verifica il sacrificio: l'ostia viene
posta alle fiamme, ma inizia a versare sangue davanti ai sacrileghi, mentre al
di là della parete alcuni uomini armati cercano di sfondare la porta d'accesso.
3.
Terzo episodio: una processione ha raggiunto la chiesa per la
riconsacrazione della particola.
4.
Quarto episodio: recano la donna sacrilega al supplizio, mentre
appare un angelo dal cielo;
5.
Quinto episodio: qui viene raffigurato il rogo della famiglia del
mercante ebreo, esso compreso.
6.
Sesto episodio: due diavoli e due angeli, davanti ad un altare, si
stanno contendendo il corpo della donna.
Alcune documentazioni, tra
cui quelle pubblicate da Pungileoni e da Schmarsow (rispettivamente l'
"Elogio storico di Giovanni Santi", datato 1822, e "Melozzo
da Forlì" datato 1886) evidenziano la presenza ad Urbino di Paolo
Uccelli dal 1465. Altri documenti attestano che l'artista riscosse, dall'agosto
1467 all'ottobre 1468, diversi compensi dalla compagnia del Corpus
Domini. Tuttavia, nel corso degli stessi anni, la compagnia stava concludendo
accordi con altri pittori. Nel 1469, dopo che l'Uccello lasciò Urbino, giunse
in città Piero della Francesca (Borgo Sansepolcro, 1416/1417 circa – Borgo Sansepolcro, 1492) per
avere dei contatti con la compagnia e per vedere la "taula per farla"
(fonte: Pungileoni). Inoltre in un documento si indica che nel 1473 la Pala del
Corpus Domini con l'Eucarestia per l'altar maggiore era commissionata a Giusto
di Gand. A tal proposito Pope-Hennessy ipotizzò che la Pala fosse stata
inizialmente affidata a Paolo, che dipinse la presente predella e inizio a
disegnare la tavola principale; ma, non riuscendo – nel corso della
realizzazione – a soddisfare la committenza, venne esonerato dall'incarico
primario, che fu proposto a Piero della Francesca e, poi, a Giusto di Gand.
La battaglia di san Romano
Questo
dipinto è soltanto la parte centrale di un grande trittico dipinto da Paolo Uccello nel 1438 circa, oggi smembrato e diviso
tra Uffizi, National Gallery di Londra e Louvre di Parigi.
Il
ciclo illustra le fasi della battaglia di San Romano che si svolse nel 1432 tra
fiorentini e senesi e che vide la vittoria gloriosa di Firenze. L’opera fu
dipinta per la ricca famiglia Bartolini ma nel 1492 risultava già nell’
inventario dei beni di Lorenzo de’ Medici, detto il Magnifico.
Ciò
che rende importante questo grande ciclo è l’utilizzo sperimentale ed ardito
dellaprospettiva, che rese Paolo Uccello
famoso tra i suoi contemporanei.
La
parte esposta agli Uffizi rappresenta il disarcionamento di Bernardino della
Ciarda, condottiero senese ritratto al centro della scena insieme al suo
cavallo bianco nel momento in cui viene colpito da una lancia nemica. La
composizione è molto affollata; nonostante ciò l’atmosfera è alquanto irreale e
i cavalieri sembrano quasi dei manichini di una giostra. Ciò che interessa all’artista
è soprattutto la composizione prospettica e non l’umanità.
I
dettagli naturalistici, le scene di caccia sullo sfondo, la minuziosa
descrizione delle armature e dei cavalli ci rimandano all’eredità tardogotica.
Paolo Uccello è infatti un’importante artista di transizione: accoglie
pienamente la rivoluzione rinascimentale della prospettiva e della centralità
dell’uomo, ma con il gusto fiabesco ancora gotico cortese.
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